Giunto pielo ureterale

Pielo plastiche

Definizione: Per pieloplastiche si intendono interventi chirurgici che hanno lo scopo di correggere un difetto nel meccanismo di trasporto dell’urina dal rene alla vescica. Il difetto è situato a livello della giunzione tra bacinetto renale e uretere. Il bacinetto renale (chiamato anche pelvi renale: da qui deriva il termine “pieloplastiche” cioè rimodellamento della pelvi renale) è una specie di punto di raccolta dell’urina prima di incanalarsi giù per il sottile tubicino detto uretere che la porterà in vescica. A causa di una malformazione congenita la zona di passaggio tra il bacinetto e l’uretere non si sviluppa e rimane trappo stretta determinando un ostacolo allo scarico dell’urina. L’ostacolo determina una dilatazione delle vie urinarie intrarenali, detta idronefrosi.
Indicazioni: Le pieloplastiche vengono eseguite quando a causa della ostruzione il rene subisce un lento, ma progressivo danno oppure quando vi siano ripetute coliche renali. Hanno lo scopo di rimodellare la zona ostruita per allargarla.
Descrizione della tecnica: Tre sono le tecniche :
– chirurgia tradizionale;
– incisione endoscopica (endopielolitotomia);
– chirurgia laparoscopica;
La prima prevede una incisione, in anestesia generale, al fianco per raggiungere il rene e poi rimodellare la giunzione pielo-ureterale. Alla fine dell’intervento verrà posizionato un tubicino (stent) all’interno delle vie urinarie corrette per permettere una guarigione più sicura; dopo 10-15 giorni lo stent verrà sfilato con una cistoscopia ambulatoriale. Altre volte invece il chirurgo potrà scegliere di posizionare lo stent che dal rene uscirà alla cute del fianco per drenare temporaneamente le urine: dopo 7-10 giorni verrà estratto. La manovra è completamente indolore. Le incisioni endoscopiche invece ottengono lo stesso scopo con una aggressione in anestesia generale della zona malformata, agendo dall’interno delle vie urinarie. Strumenti miniaturizzati vi arrivano o con accesso percutaneo (cioè dal fianco) con foro cutaneo di 1cm o risalendo dal basso lungo le vie urinarie, senza alcuna incisione cutanea. La sezione del giunto avviene o con lama tagliente o con corrente elettrica o con laser. Alla fine della procedura viene lasciato anche qui un tubicino interno all’uretere (stent) di protezione per più lungo tempo (da 1 a 6 mesi). Non sempre però è indicata la via endoscopica: per esempio le possibilità di successo sono scarse se il rene è poco funzionante e le vie urinarie molto dilatate (circa 50%). La chirurgia laparoscopica è una tecnica non molto usata attualmente (costi elevati, lunghi tempi di anestesia). Ha il vantaggio della sicurezza della chirurgia tradizionale associata alla scarsa invasività e scarso dolore post-operatorio perché si arriva alle vie urinarie dall’addome dove si praticameno solamente alcune piccolissime incisioni cutanee: attraverso queste incisioni vengono introdotti particolari strumenti che consentono di effettuare le stesse procedure praticabili a cielo aperto sotto visione diretta su monitor consentita da una telecamera applicata ad un sistema ottico introdotto nell’addome sempre attraverso una piccolissima incisione cutanea.
Preparazione all’intervento: Trattandosi di interventi chirurgici in anestesia il paziente dovrà eseguire gli accertamenti preoperatori necessari per l’anestesia; il giorno prima dell’intervento sarà eseguita la preparazione intestinale. La rasatura cutanea avverrà poco prima dell’intervento. E’ indicata la profilassi antibiotica e antitrombotica.
Durata dell’intervento: L’interevento chirurgico tradizionale dura circa 1-2 ore, come quelli endoscopici e percutanei. Più lungo è invece l’intervento per via laparoscopica (dalle 2 alle 4 ore).
Tipo e durata del ricovero: L’intervento richiede un ricovero ordinario che può variare dai 3 (tecniche endoscopiche e laparoscopiche) ai 7-10 giorni (chirurgia a cielo aperto).
Risultati: Con la tecnica chirurgica tradizionale a cielo aperto, i risultati sono molto buoni. La risoluzione dell’ostruzione si ottiene dall’85 al 92% dei casi nei controlli a 5-10 anni. Risultati sovrapponibili sono conseguibili con la tecnica laparoscopica, mentre l’endopielotomia ha un tasso di successi lievemente inferiori fra il 75 e l’80%.
Vantaggi: Il successo della procedura comporta la risoluzione della sintomatologia clinica e migliora la funzionalità del rene trattato. L’intervento a cielo aperto è quello che attualmente è più vantaggioso per quanto riguarda il tasso di successi e la rapidità di esecuzione (almeno nei confronti della tecnica laparoscopica). La tecnica laparoscopica ha invece il vantaggio di evitare indebolimenti della parete addominale e di richiedere un ricovero e una convalescenza più brevi. La tecnica endoscopica è tanto più vantaggiosa quanto meno invasiva (via ureterale versus via percutanea), ma vanta un minor tasso di successi a distanza.
Svantaggi: Tecnica chirurgica: l’incisione della massa muscolare può lasciare come esito una ipotonia della parete. Tecnica endoscopica: maggior numero di insuccessi e necessità di permanenza di uno stent endoureterale per almeno 6 settimane. Tecnica laparoscopica: tecnica lunga e non effettuabile in tutti i centri.
Effetti collaterali: Nel caso della incisione lombotomica chirurgica tradizionale è frequente la sezione dei nervi che regolano il tono muscolare: ne può derivare debolezza muscolare e perdita di sensibilità di ampie zone di parete addominale.
Complicanze: Le complicanze perioperatorie della tecnica chirurgica tradizionale e laparoscopica sono rare: infezione nel 2-5% e fistola urinosa, cioè fuoriuscita di urina dal drenaggio cutaneo una volta rimosso lo stent ureterale o la nefrostomia (2-3%), che richiede un nuovo cateterismo ureterale. Conversione della via laparoscopica alla chirurgica del 2-3% dei casi). Le complicanze della tecnica endoscopica sono lievemente più frequenti e imprevedibili: emorragie interne che possono richiedere anche un intervento chirurgico in emergenza (1-5%) e infezioni causate dagli stents ureterali che devono essere lasciati a lungo (3-8%). Le complicanze a distanza consistono nella possibile formazione di cicatrice esuberante a livello della plastica o della incisione endoscopica con recidiva dell’ostruzione e quindi degli stessi disturbi che hanno portato all’intervento.
Attenzioni da porre alla dimissione: Sono legate principalmente alla ferita chirurgica. Il taglio al fianco può richiedere anche 3-4 settimane prima di una guarigione definitiva. In questo periodo i muscoli sezionati possono causare dolore se sollecitati fino alla fatica. Se l’intervento è stato eseguito per via endoscopica e percutanea o per via laparoscopica, la convalescenza sarà molto più corta, in genere solo di qualche giorno.
Come comportarsi in caso di complicanze dopo la dimissione: Consultare in prima istanza il proprio medico di famiglia.
Controlli: L’ecografia e la scintigrafia renale diuretica sono gli accertamenti che permettono di confermare la guarigione e di monitorare il buon funzionamento del rene operato.

Nefrostomia percutanea

Definizione: E’ una procedura che consiste nella puntura delle cavità renali attraverso la cute della regione lombare, sotto controllo ecografico o fluoroscopico, allo scopo di realizzare una comunicazione stabile tra le cavità renali e la superficie corporea per mezzo di un catetere in materiale soffice da connettere ad un raccoglitore.
Indicazioni: Si ricorre alla nefrostomia percutanea:
a) in caso di ostruzione ureterale acuta o cronica determinante insufficienza renale allorchè tale ostruzione non sia superabile con manovre endoscopiche per via retrograda;
b) quale tempo preliminare per l’allestimento del tramite per l’esecuzione di manovre endoscopiche sulle alte vie urinarie per via percutanea (frantumazione e/o rimozione di calcoli, rimozione di corpo estraneo, trattamento di neoplasie pielocaliciali superficiali e di basso grado, incisione del giunto pielo-ureterale, ecc);
c) quale tempo preliminare per manovre sull’uretere per via anterograda (ad esempio: frantumazione e rimozione di calcoli, posizionamento di cateteri o stents ureterali, ecc).
Descrizione della tecnica: La tecnica di posizionamento è più o meno semplice a seconda che il rene sia molto o poco ostruito e quindi più o meno dilatato. Sotto guida ecografica si individua il rene, si anestetizza la cute del fianco sotto le coste, si punge il fianco con un ago e su questo si fa scorrere un tubicino molle che, una volta raggiunto il rene, drenerà subito l’urina verso l’esterno. Vi sono due tipi di drenaggi: a ricciolo e a palloncino. Il primo è meno ancorato al corpo e tende a fuoriuscire se viene lasciato a lungo; il secondo è invece più stabile e fisso grazie ad un palloncino interno che gonfiato fa da ancoraggio. I materiali di costruzione sono numerosi e diversi fra loro ma assicurano tutti un buon funzionamento per alcune settimane o mesi.
Preparazione all’intervento: La procedura richiede solamente l’anestesia locale; non è quindi richista alcuna preparazione all’intervento.
Durata dell’intervento: Da 15 a 30 minuti, in relazione alla entità della dilatazione delle cavità renali.
Tipo e durata del ricovero: La procedura viene attuata nel corso di un ricovero ordinario per la necessità di monitorare la funzionalità renale per qualche giorno dopo la nefrostomia o perché fa parte di una procedura chirurgica più complessa. In alcune indicazioni è comunque possibile attuare la procedura in Day Surgery, con poche ore di permanenza in ospedale, specialmente quando si tratta di riposizionare il catetere nefrostomico dopo una fuoriuscita accidentale dello stesso con chiusura del tramite.
Risultati: La nefrostomia percutanea ha un tasso di successo vicino al 100% quando le cavità renali sono dilatate; se manca la dilatazione il successo è fra il 70 e l’80%. Quando viene attuata allo scopo di drenare un rene particolarmente disteso e dolente comporta la scomparsa della sintomatologia dolorosa nel giro di pochi minuti. In caso di infezione concomitante con febbre, il drenaggio delle cavità renali dilatate, coadiuvata dalla terapia antibiotica, comporta in genere la rapida risoluzione della fase acuta febbrile.
vantaggi: Accesso rapido al rene senza necessità di manovre endoscopiche che possono essere all’origine di complicanze.
Svantaggi: La permanenza del catetere nefrostomico, con la necessità di portare il sacchetto raccoglitore per l’urina che continuamente viene prodotta dal rene, richiede una cura particolare del tramite da cui esce il catetere , soprattutto nel caso di nefrostomia definitiva. Nel caso di utilizzo di sacchetti raccoglitori adesivi, possono determinarsi dermatiti reattive da intolleranza cutanea all’adesivo.
Effetti collaterali: La modificazione dello schema corporeo, rappresentato dal catetere nefrostomico, può determinare problemi psicologici nei soggetti predisposti.
Complicanze: Possono essere legate alla puntura del rene o alla permanenza del catetere nefrostomico. Quelle legate alla puntura renale sono riconducibili a possibili ematomi perirenali (2-3%), perforazione intestinale (1,5%), stravaso di urina attorno al rene (0.5%). Quelle legate alla permanenza del catetere sono: l’ostruzione e lo sposizionamento del catetere nefrostomico, che richiedono entrambe la sostituzione con una nuova nefrostomia se non è possibile recuperare il tramite. Un’altra complicanza rara è l’allergia all’anestetico locale, che si verifica pochi minuti dopo iniezione della sostanza anestetica, e può essere di varia intensità: l’ospedale è attrezzato per curare immediatamente questa complicanza.
Attenzioni da porre alla dimissione: Il paziente deve essere istruito per avere cura del catetere nefrostomico. In caso di infezione urinaria è indicata la terapia antibiotica eventualmente a cicli. Nella nefrostomia definitiva va programmata la sostituzione periodica del catetere nefrostomico.
Come comportarsi in caso di complicanze dopo la dimissione: è consigliabile fare riferimento al centro ove è stata effettuata la procedura.
Controlli: Nella nefrostomia transitoria il catetere viene rimosso dopo un periodo stabilito caso per caso. Nella nefrostomia definitiva va programmata la sostituzione periodica del catetere nefrostomico e la cadenza dei controlli della funzionalità renale oltre che della malattia di base che ha reso necessaria la nefrostomia.