Tumorectomia renale

Definizione: Rimozione completa per enucleo-resezione di una neoplasia solida del parenchima renale.
Indicazioni: Indicazione assoluta è il paziente con tumore in un rene unico funzionante, oppure con tumore bilaterale in cui uno dei due reni debba essere necessariamente rimosso.
Altre indicazioni sono:
– pazienti con neoplasie renali multifocali bilaterali a basso stadio che si sviluppano contemporaneamente o in tempi successivi;
– pazienti con neoplasia renale in presenza di insufficienza renale cronica, in quanto la conservazione di una quantità sufficiente di parenchima renale può evitare il ricorso alla dialisi;
– pazienti portatori di entrambi i reni ben funzionanti con una neoplasia renale di diametro inferiore ai 3cm.
Descrizione della tecnica: L’accesso standard sul fianco a livello della 11a o 12a costa permette una agevole esposizione per le lesioni superficiali o polari di piccole dimensioni, specie in reni mai operati: in alternativa si potrà ricorrere ad una incisione al di sopra della 11a costa, con eventuale sacrificio della stessa, specie per i tumori del polo superiore del lato sinistro. Una volta mobilizzato il rene si identifica il peduncolo vascolare, lo si libera accuratamente per poter posizionare un laccio vascolare attorno all’arteria e alla vena, oppure una clamp vascolare qualora si renda necessaria una occlusione arteriosa per evitare emorragie gravi. La tecnica dell’enucleazione semplice della neoplasia, che richiede dapprima una incisione circolare della capsula propria del rene attorno al tumore e quindi l’individuazione del piano di clivaggio tra la pseudocapsula fibrosa e il parenchima renale, e che permette l’enucleazione per via smussa del tumore e la successiva legatura delle “bocche” dei vasi sanguinanti in superficie, viene oggi preferibilmente sostituita dalla enucleo-resezione della neoplasia essa consiste nella contestuale asportazione del tumore e di 5-10mm del parenchima renale apparentemente sano che circonda il tumore.
Il sanguinamento viene controllato con sutura selettiva delle “bocche” arteriose e venose con successivo“piombaggio” della cavità residua con spugne emostatiche e/o grasso perirenale e con punti fatti passare fino ai bordi parenchimali.
Nei casi dei tumori voluminosi in rene unico può esservi indicazione alla asportazione del rene alla sua conservazione mediante particolari soluzioni saline fattevi circolare, alla asportazione del tumore al di fuori dell’organismo (su banco) e successiva autotrapianto del rene in fossa iliaca.
Preparazione all’intervento: La preparazione consiste nell’eseguire, oltre agli esami standard necessari per la stadiazione della neoplasia gli esami, ematourinari utili per l’anestesia e l’eventuale predeposito di sangue del paziente nel centro trasfusionale per eventuale autotrasfusione in caso di emorragia.
Si deve comunque eseguire una profilassi antibiotica dalla mattina del giorno dell’intervento associando eparine a basso peso molecolare (per prevenire rischi tromboembolici intra e post operatori) a partire da 12 ore prima dell’intervento.
Durata dell’intervento: La procedura può durare dai 90 ai 150 minuti.
Tipo e durata del ricovero: Il trattamento viene eseguito in regime di ricovero ordinario con tempi di degenza compresi tra 5 e 10 giorni salvo complicazioni.
Risultati: La chirurgia conservativa come terapia per il carcinoma a cellule renali rimane oggetto di controversie nonostante i buoni risultati in termini di controllo locale e di intervallo libero di malattia. L’intervento standard per questa neoplasia rimane la nefrectomia radicale in presenza di un rene controlaterale normale.
Novick (1995) ha riportato un’esperienza relativa a 216 pazienti sottoposti a tumorectomia, in cui la sopravvivenza per i tumori di basso stadio (stadio I) è stata del 95%, del 75% per le neoplasie di stadio più elevato (stadio III), dell’85% per le neoplasie bilaterali sincrone e del 75% per le neoplasie bilaterali metacrone (che si sviluppano in tempi successivi). Solo il 4% (9 su 216) ha sviluppato recidive locali nel parenchima renale residuo senza ripresa di malattia a distanza.
Studi iniziali suggerivano che la sopravvivenza fosse significativamente migliore nei pazienti monorene che in quelli con neoplasie bilaterali sincrone o metacrone (70% vs 50%) (Wickham, 1975): Topley (1983) invece dimostrò che la prognosi era sfavorevole solo nelle neoplasie bilaterali metacrone (38%) rispetto ai tumori in monorene (71%).
Smith e collaboratori (1989) sconsigliano la semplice enucleazione del tumore perché nella loro esperienza frequentemente registravano una microinvasione della capsula tumorale.
Vantaggi: In tempi non lontani il paziente affetto da neoplasia renale in rene unico era destinato alla dialisi dopo la scontata nefrectomia radicale. Oggi ciò può non accadere grazie alla terapia chirurgica conservativa quale è la tumorectomia. Anche il paziente con insufficienza renale cronica affetto da neoplasia renale di piccole dimensioni può trarre notevoli vantaggi da questo trattamento per la possibilità di conservare quanto più parenchima renale è possibile e quindi per non aggravare ulteriormente una situazione renale già precaria.
Anche nel soggetto con 2 reni funzionanti la possibilità di conservare una maggior quantità di parenchima renale è senz’altro un vantaggio.
Svantaggi: Il principale svantaggio è costituito dal rischio di persistenza del tumore e la comparsa di una recidiva locale, la cui incidenza va dal 4 al 10%: alcune di queste recidive locali possono essere l’espressione di focolai neoplastici multipli (Campbell, 1994) non rilevati al momento dell’intervento.
Effetti collaterali: Nei casi di rene unico si potrebbe verificare una insufficienza renale transitoria legata alla ischemia indotta durante l’intervento. Inoltre l’approccio per via lombare, potendo compromettere i nervi che incrociano la ferita può portare a riduzione della sensibilità cutanea locale e/o a rilasciamento muscolare locale.
Complicanze: Complicanze intraoperatorie possibili: – rare emorragie irrefrenabili che possono rendere necessaria nefrectomia radicale e successiva dialisi se monorene (1%);
– rare emorragie intraparenchimali profuse che rendono necessario per l’emostasi una ischemia renale mediante clampaggio vascolare superiore ai 30 minuti: tale ischemia può comportare successivo irreversibile danno della funzionalità renale nel monorene ( < 1%);
– apertura della via escretrice che deve essere individuata, suturata e protetta con un stent pieloureterale da rimuovere dopo 15 giorni (1-2%);
– rare lesioni pleuriche per neoplasie polari superiori (< 1%).
Complicanze post operatorie possibili:
– ematomi perirenali che possono richiedere un reintervento chirurgico o un drenaggio percutaneo (1-2%);
– fistole urinarie che possono necessitare di un cateterismo ureterale che viene posizionato tramite cistoscopia (1-2%);
– anemizzazione da stillicidio ematico postoperatorio che può rendere necessario il ricorso a emotrasfusioni supplementari (<1%);
– complicanze trombo-emboliche (< 1%).
Attenzioni da porre alla dimissione: Il paziente deve essere dimesso con:
– terapia antitrombotica per almeno 30 giorni;
– terapia antibiotica per il tempo necessario che può variare per la guarigione ottimale delle suture interne ed esterne (10-15 giorni);
Il paziente deve essere informato sul fatto che a domicilio possono verificarsi: episodi di macroematuria associata o meno a infezione delle vie urinarie; possono dolori lombari associati eventualmente a febbre da infezione di eventuali ematomi o di urinomi perirenali.
Come comportarsi in caso di complicanze dopo la dimissione: Per qualsiasi evenienza va contattato prioritariamente il centro in cui il paziente è stato operato.
Controlli: Questa procedura non necessita solamente di un controllo postoperatorio, ma comporta per la malattia neoplastica di base un follow-up standardizzato per almeno i 5 anni successivi all’intervento.

La nefrectomia radicale

Le indagini cliniche e radiologiche consentono di diagnosticare la presenza di una neoplasia renale a possibile evoluzione prognostica sfavorevole. La malattia appare al momento attuale localizzata al solo rene e, per evitare che possa infiltrare gli organi circostanti o disseminarsi a distanza, è necessario ricorrere alla sua asportazione chirurgica. La nefrectomia radicale garantisce in questo stadio di malattia i migliori risultati in termini di controllo locale e di sopravvivenza. Non esistono al momento valide opzioni terapeutiche alternative alla chirurgia. L’intervento viene eseguito in anestesia generale e può richiedere il posizionamento preoperatorio di un sondino venoso centrale e di un catetere vescicale. L’accesso chirurgico transperitoneale prevede un’incisione mediana anteriore (xifo-sottoombelicale). L’intervento prevede l’asportazione in blocco del rene, del grasso perirenale, talvolta del surrene, e dell’uretere lombare e potrà essere completato con l’asportazione dei linfonodi regionali. Al termine dell’intervento verranno posizionati drenaggi addominali ed un sondino naso-gastrico.
Intraoperatoriamente si possono verificare lesioni del fegato e del duodeno [nefrectomia radicale destra] e della milza [nefrectomia radicale sinistra]. Meno frequenti ma possibili sono lesioni a carico della pleura e dell’ileo e del colon. Queste lesioni vengono trattate contestualmente all’intervento chirurgico con le tecniche appropriate [eventuale splenectomia o resezione epatica]. Eccezionalmente può essere necessario il ricorso ad una derivazione intestinale (colostomia temporanea o definitiva). L’emorragia può essere una complicanza intra- e post-operatoria e richiedere trasfusioni di sangue, emocomponenti o emoderivati.
Questi ultimi sono forniti dal centro trasfusionale e controllati per le malattie infettive a trasmissione ematica note [il predeposito ematico effettuato è rivolto a ridurre/evitare la necessità di trasfusioni di sangue omologo]. II decorso postoperatorio può essere complicato da patologie intestinali (ileo paralitico, occlusione, perforazione ed infarto intestinale); infettive (sepsi, infezioni urinarie, infezioni della ferita chirurgica, focolai broncopneumonici); tromboemboliche (trombosi venosa profonda, embolia polmonare) e da diastasi della ferita con possibile eviscerazione. L’asportazione di un rene può eccezionalmente rendere necessaria 1’attuazione di un programma transitorio di dialisi.
Alcune complicanze postoperatorie possono richiedere per la loro risoluzione una revisione chirurgica (emorragie, complicanze intestinali, diastasi della ferita). Tale evento si configura in circa l’1% dei casi. Una complicanza tardiva consiste nell’erniazione intestinale attraverso un difetto fasciale che si realizza in corrispondenza della ferita chirurgica (laparocele).
La degenza postoperatoria non complicata ha una durata di circa 7-10 giorni.